Nella memoria dei più anziani abitanti di Castellinaldo D’Alba e del Roero è certamente vivo ancora oggi il ricordo della diffusione che ebbe il pesco sul territorio, specialmente all’inizio del secolo scorso. Durante quel periodo i contadini cercarono di far fronte alla crisi e alle difficoltà incontrate dalla viticoltura affidando a questo delizioso frutto il tentativo di un riscatto economico.

L’idea si dimostrò valida e la produzione di questa nuova coltivazione incontrò una veloce espansione sul territorio. Nacque il famoso “mercato delle pesche” di Canale che proiettò il Roero nell’olimpo internazionale, con il frutto commercializzato anche nei mercati francesi e svizzeri. Gli ettari di terreno coltivati a pesco salirono in maniera vertiginosa, passando dai 70 di inizio Novecento agli oltre 1000 degli anni Venti, con una produzione superiore ai 100.000 quintali annui.

Il pesco entrò nella cultura e nel paesaggio del Roero diventando l’orgoglio e la passione di un’intera generazione contadina: i contadini diventarono i primi e i più esperti peschicoltori italiani, coadiuvati dai lavori sperimentali di alcuni parroci particolarmente appassionati di agricoltura, come don Marchisio di Castellinaldo.

La pesca fu combinata in cucina con una varietà di elementi e presentata come uno dei dolci più prelibati. Le pesche erano consumate in molti modi: sciroppate, dopo essere state conservate a fettine sottilissime in bottiglie tappate come quelle del vino; oppure ripiene (“persi pien”), o ancora in squisite torte, in dolci come la bavarese o nella forma delle “ciapule”.

Nacque a Castellinaldo la “Sagra del Pesco”, durante la quale era autorizzato il mercato giornaliero delle pesche prodotte esclusivamente nella zona del Roero. I contenitori delle pesche, muniti del timbro di Castellinaldo, dovevano essere del tipo “vignola locale” e non potevano essere utilizzati per mercati di provenienza diversa del Roero.

Con il pesco si instaurò fra il territorio e i suoi abitanti contadini un legame culturale ed affettivo, come testimoniano i pittoreschi nomi con cui i contadini battezzarono le diverse cultivar che ricordavano i soprannomi dei loro scopritori (“fiordimaggio”, “beicme ben”, “san giovanni”, “giaun e russ”, “repubblica”, “de gasperi”) oppure figure o fatti eccezionali come la famosa “Lenin” di Castellinaldo.

La pesca “Lenin”, meraviglia di Castellinaldo d’Alba

Per spiegare l’origine della pesca Lenin dobbiamo viaggiare indietro nel tempo fino al 1887, anno in cui a Castellinaldo nacque Giuseppe Marsaglia. Alpino nella Grande Guerra, il Marsaglia tornò alla vita civile trovando lavoro come meccanico alla FIAT. In fabbrica la sua fede politica virò verso l’ideologia comunista, e negli anni Venti si scontrò numerose volte con i fascisti del posto. Ed è proprio in seguito a uno di questi scontri che il segretario comunale di Castellinaldo lo soprannominò “Lenin”. Lo stranom divenne popolare, e lui divenne per tutti i suoi concittadini Giuseppe Marsaglia soprannominato “Lenin”.

Marsaglia era fortemente appassionato di frutticoltura e imparò i segreti dell’arte degli innesti. Nacque così nel 1928 uno dei suoi incroci: una pesca di discrete dimensioni, buccia verde con sfumature rosse, polpa bianca tenera. Circa 6 anni dopo iniziò a commercializzarla al mercato di Canale e fra i locali divenne popolare questa nuova pesca, soprannominata in onore del suo creatore “pesca Lenin”.

Poi vennero gli anni anni Trenta e la domanda dei consumatori mutò, indirizzandosi verso varietà a polpa gialla provenienti da altre regioni italiane. Per le pesche di Canale cominciò una curva di sofferenza, esacerbata dalle imposte sui terreni, più elevate rispetto a quelle previste per i vigneti, e dalla mancanza di una linea ferroviaria. Così i contadini rimossero i peschi dai loro terreni, ritornando alle coltivazioni a vigna.

Delle vecchie varietà di pesche roerine sopravvissero alcuni esemplari, e fu solo in tempi recenti che la pesca incontrò una seconda giovinezza. Cinque aziende roerine si riunirono in un Presidio e impiantarono alcune centinaia di alberi di varietà Botto, San Pietro, Giallo del Porretto e Krummel October. Esteticamente meno “popolari” in quanto di dimensioni più irregolari rispetto alle varietà più conosciute, queste pesche possiedono però profumi intensi e un sapore ricco, capace di riportare la nostra mente a un tempo in cui Canale, Castellinaldo e il Roero erano la “capitale italiana della pesca”.