Vezza d’Alba
Santuario della Madonna dei Boschi
Chi fu il “Maestro” che dipinse quest’affresco misteriosamente celato alla vista?
Il Santuario della Madonna dei Boschi, situato sulla sommità di una collina, custodisce nel sottotetto un preziosissimo affresco tardogotico dell’Annunciazione. Un’opera di origine ancora ignota, quasi sicuramente commissionata dalla famiglia dei Roero nell’ultimo quarto del secolo XV. É stato restaurato nel 2003, ma risulta ancora celato e di difficile accesso, fatto che arricchisce di atmosfera quasi misteriosa la sua visione.Santuario della Madonna dei Boschi
Regione Madonna dei Boschi, 12040 Vezza d’Alba (CN)
IL ROERO DA SCOPRIRE
SANTUARIO CAMPESTRE DELLA MADONNA DEI BOSCHI
Chi fu il Maestro che dipinse quest’affresco misteriosamente celato alla vista?
Il Santuario campestre della Madonna dei Boschi è situato sulla sommità di una collina ben visibile dalla strada romantica fra Valle Sanche e Valle Maggiore.
Nacque verso la fine del XIII secolo come Ecclesia Beate Marie de Castiliono sul sito di una fortificazione preesistente. Come ci suggerisce il nome stesso, “Castigliono”, in loco era anticamente presente un fortilizio, utilizzato come punto di controllo dai signori locali (i “De Vicia”). Il Vescovo di Asti la riconobbe come Patronato ai conti Roero nel 1471. Una prima fase di ampliamento terminò con la costruzione del convento per i padri Serviti di Sommariva Bosco, verso il 1520-1521.
Nel 1731 il santuario fu ampliato con l’aggiunta di una nuova volta: questa modifica strutturale confinò nel sottotetto un prezioso affresco tardogotico dell’Annunciazione.
Nel 1807 arrivò l’ampliamento dell’edificio liturgico. L’attuale struttura conserva comunque ancora consistenti tracce dell’originario edificio romanico a navata unica.
Sul finire del XIX secolo fu ceduta dalla famiglia Roero all’Istituto Artigianelli di Torino, e successivamente alla Diocesi di Alba, e risulta attualmente chiusa al culto.
Nella sua Cripta furono seppelliti fra il 1608 ed il 1800 vari esponenti della famiglia dei Roero di Vezza e di Guarene.
L’ANNUNCIAZIONE (ultimo quarto del XV secolo)
L’affresco presente nel sottotetto è allocato sulla parte frontale dell’originario arco che definiva il settore presbiteriale, e segue in alto le inclinazioni delle falde della chiesa originaria. É stato restaurato nel 2003, ma risulta comunque celato e di difficile accesso, fatto questo che arricchisce di atmosfera quasi misteriosa la sua visione.
La datazione risulta difficile e gli stessi studiosi sono discordi fra loro. Ciò che è certo è che l’affresco, insieme agli altri che un tempo ornavano la chiesa e che sono ormai perduti, fu commissionato dalla famiglia dei Roero. Lo deduciamo dalle tre ruote argentee su campo rosso poste nella parte sinistra del dipinto: sono il simbolo della Famiglia Roero. In base a ciò, si può affermare che fu commissionato tra il 1475 ed il 1485 da Teodoro I (che ottenne con Oddone il giuspatronato nel 1471) e la moglie Jeanne de Greteim di Guascogna.
L’iconografia è sicuramente peculiare.
Nel corso del Quattrocento l’Annunciazione era solitamente rappresentata in due riquadri distinti: a sinistra l’Angelo e a destra la Vergine, talvolta inframmezzati da scene della vita di Cristo.
A Vezza d’Alba invece notiamo ben tre elementi di distinzione dalle classiche rappresentazioni del tempo: la presenza di un profeta sulla sinistra (probabilmente Isaia), l’immagine di Dio che invia una colomba, al centro dell’affresco, e la corona di Rosario in mano alla Vergine.
Il frescante decise quindi di implementare nello schema iconografico tradizionale un maggior numero di figure. Il risultato è un raccordo maggiore degli elementi della scena, in cui l’Arcangelo Gabriele annuncia a Maria l’incarnazione di Gesù Cristo, per tramite dello Spirito Santo mandato da Dio.
Notevole anche la vivacità cromatica dell’affresco.
Un’altra peculiarità è rappresentata dalla Madonna, che è raffigurata intenta alla recita del Rosario. L’affresco fu in qualche modo anticipatore dei tempi: il Rosario è un esercizio devozionale di origine medievale, ma la sua diffusione sul territorio iniziò solo nei secoli successivi.
Pronta alla chiamata Maria risponde “Ecce Ancilla Domini”, come si legge nell’epigrafe del cartiglio, in caratteri gotici.
Al centro, in alto, la figura di Dio è colta nel dinamico atto d’invio dello Spirito Santo sotto forma di colomba, ed è raffigurato quasi come Dio Pantocratore, circondato da una fascia circolare iridata.
Degno di nota l’Arcangelo Gabriele. Le sue piume non sono bianche, bensì di pavone, come nell’arte fiamminga. Il prezioso dettaglio ci fa pensare quindi ad un modello di ispirazione nordico, come quello di Giusto di Alemagna, che a Genova in Santa Maria di Castello dipinse nel 1451 la nota Annunciazione. Quest’ultima ha in comune tanti elementi con l’affresco di Vezza d’Alba: l’angelo con piume di pavone, la posizione di Dio circondato da una fascia e incluso in una cornice azzurra, la posizione delle mani dell’angelo.
Chi fu dunque il “Maestro di Vezza d’Alba”, forse attivo tra l’ultimo quarto di XV secolo e gli inizi del XVI?
Poco si sa: certamente trasse il suo gusto dal pieno clima tardo gotico, contraddistinto da una pacata narrazione popolaresca e da alcuni stilemi di derivazione nordica, franco-fiamminga, come il dettaglio delle ali di Gabriele. Un’ipotesi fa riferimento al pittore di nome Corrado d’Alemagna, operoso a Taggia nel Quattrocento.
Il gusto locale visse di una vasta e prolungata adesione agli stilemi tardo gotici, ma data la committenza della famiglia Roero è forse nei rapporti mercantili a lungo raggio della stessa che va trovato il filo conduttore per un possibile contatto di lavoro con l’artista di probabile origine nordica, fino a quel tempo attivo nella Liguria di Ponente.